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Umberto Brunetti, Urbineide, ill. di Diego Dari, pref. di Daniele Piccini, Raffaelli, Rimini 2017, p

Urbineide è un poema eroicomico in terzine dantesche scritto da Umberto Brunetti (Foggia 1989) e illustrato da Diego Dari. L’autore compone la sua opera prima sulla traccia del sommo poeta Dante, assumendo da lui il metro, la struttura, l’indole profetica. Si potrebbe pensare a un “esercizio di stile”, ma non è così. Brunetti presenta a un pubblico che intenda porsi con orecchio acuto la storia di Zaffo (protagonista del poemetto) e dei suoi compagni della facoltà di Lettere dell’Università di Urbino con l’intento di catturare il lettore per mezzo dell’ironia, lasciando trapelare un percorso di formazione che vede al centro la poesia. Da studenti appassionati essi sentono, infatti, l’esigenza di condividere il loro interesse col piglio militante che i vent’anni suggeriscono, decidendo così di fondare l’associazione culturale “La Resistenza della Poesia”, contrappunto a un mondo dove la scienza, l’utilità e l’efficienza sembrerebbero avere la meglio in campo (canto I, vv. 1-6: «Li studenti di Lettere io canto, / folli, che in Ateneo ducal d’Urbino / non vollero li esami dar soltanto, // ma tracannando beghe, oltre che ’l vino, / si fecer Cavalieri Resistenti / de la Poesia, e di qui nacque il casino»).

In Urbineide sono così narrate in quindici canti le avventure che i “Resistenti” devono affrontare per salvare la loro “Beniamina” – la poesia stessa – dal disinteresse dominante in una realtà insensibile all’ascolto e alla ricerca di significato (canto III, vv. 122-129: «“O nostra Beniamina”, / balzando esclamò ’l duca dal divano, // “per sempre sarai tu nostra regina! / Per poesia, per beltate pugneremo, / che dono son di tua bontà divina. // Fuor dal silenzio inver la porteremo / e tornerà disianza tuttavia / di lei nel mondo avido e blasfemo»). Nel susseguirsi degli eventi la Beniamina appare ben tre volte, la prima nel canto III, in cui viene narrata la nascita dell’associazione a casa di Alberto (personaggio che assume i tratti di un Virgilio dantesco all’interno della cerchia): «Apparve di purezza incarnazione / qual candida corolla di giaggiolo / che schiudesi nel campo a la stagione» (vv. 93-96). La figura angelica investe il gruppo di una missione non da poco: «Pugnarete in onor d’una fanciulla / con tutto il cuore, o miei messeri esteti: / Poesia, dico, ch’è in lotta contro il nulla» (vv. 106-108). È descritta quindi l’iniziale fase dell’associazione, caratterizzata dalle letture semiclandestine (alla Deads poets society) a casa di Alberto, a cui segue la prima cocente delusione: la lettura pubblica, ma con pubblico assai esiguo, nel locale “La Petite Madeleine” (canto V).

La seconda apparizione avviene nel momento in cui Zaffo, nel corso di una discussione con uno studente di un’altra facoltà sul senso della letteratura, dà in escandescenze, ma la Beniamina giunge in suo soccorso per sottrarlo a ipotesi violente e riportarlo quindi sulla retta via di chi vive sotto la sua inclinazione (canto IX, vv. 43-45: «Mio paladino, ferma la cinquina, / tu se’ un poeta, deh, niente schermaglia: / ingiurialo intrecciando una terzina»). La seconda fase di militanza dei Resistenti è presentata dal canto VII in poi, ed è il momento in cui essi incominciano a portare il verso in teatro poiché «Lo mondo è pieno di bruttura e male / […] perciò la gente ha voglia molta / di rallegrarsi e il riso gli è essenziale» (vv. 67-69) mettendo in scena Le Furberie di Scapino di Molière.

Il personaggio della Beniamina compare per la terza e ultima volta nel canto XII, in seguito all’episodio del cenone di Capodanno 2012, trascorso dalla combriccola a Foggia, in cui si verifica l’ennesima “zaffata” (ovvero l’ubriacatura del protagonista narrata con toni epici), che vede il nostro paladino rimanere sfregiato sul viso proprio dopo una pesante sbornia. Quella che è qui nominata «donna di paradiso» viene in soccorso del ferito Zaffo, vittima del diavolaccio Birraspina (nome parlante), ma anche dei Resistenti; essa conduce la compagnia nell’ipogeo di san Domenico, presso la chiesa dei Morti, dove avviene l’incontro con gli spiriti dei poeti più illustri: Dante, Petrarca, Ariosto, Foscolo, Leopardi, Montale, ai quali è affiancato con «trattamento canzonatorio, ma bonario» anche il professore e poeta urbinate Umberto Piersanti, «unico poeta contemporaneo qui citato a emblema, proprio perché nume tutelare di Urbino», come afferma Piccini nella prefazione. È proprio da quest’ultimo episodio che prende avvio l’idea per la terza impresa in difesa della Poesia: la “rivista verde”, di cui viene narrata l’eroicomica gestazione nel canto XIII. I Resistenti interpretano la visione avuta negli ipogei come un richiamo alla poesia, forse ultimamente troppo trascurata in favore del teatro. Di qui nasce l’omonima rivista (http://www.laresistenzadellapoesia.com/), portata avanti sino ad oggi pubblicando recensioni e soprattutto testi editi ed inediti di autori di diverso calibro.

Attraverso Urbineide Brunetti ha voluto trasfigurare quella che è stata un’esperienza personale di studio, amicizia e passione in un’opera poetica, dimostrando ammirevole coraggio e anche del talento. Si tratta di un lavoro ambizioso perché ispirarsi a Dante è difficile; l’autore tuttavia si cimenta nell’impresa con buoni risultati. D’altronde, in quale buon lavoro non ci si ispira ad un grande del passato? Si è sempre alla ricerca – forse anche nella vita – di qualcuno di “più grande” in grado di sorreggere e indirizzare il nostro lavoro, così da permetterci di dire qualcosa in più. Beninteso, il tutto è possibile ammesso che vi sia della capacità effettiva, quindi un’intelligenza realmente capace di fruttare.

Urbineide può diventare, in una visione “resistente”, un testo guida per ogni matricola di Lettere (urbinate e non solo), così da incentivare lo studente a non prendere l’Università semplicemente come un percorso di studio propedeutico al lavoro. In particolar modo per una laurea umanistica, al primo posto dovrebbe invece esserci sempre una prorompente passione. Passione che si riveli da una parte incentivo e fine dei propri obiettivi presenti, sprone a vivere in modo più pieno e gratificante, dall’altra prodiga per il futuro, una volta che vi si giungerà arricchiti dalle competenze necessarie per mettere all’opera quella che incipientemente poteva apparire solo come un’infatuazione giovanile.

Irene Sdrubolini

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