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Rainer Maria Rilke, Le finestre Traduzione di Pierangela Rossi

A Mouky e a Baladine

Basta che su un balcone

o nell’inquadramento di una finestra

una donna esiti…per essere

quella che noi perdiamo

avendola veduta apparire.

E se lei alza le braccia

Per legare i capelli, tenero vaso,

quanto la nostra perdita da là

guadagna spesso d’enfasi

e il nostro malore di chiarezza

Tu mi proponi, finesra strana, d’attendere,

già quasi aperta la sua tenda beige.

Dovrei, o finestra, al tuo invito arrendermi?

O difendermi, finestra, chi attenderò?

No sono intatto, con questa vita che ascolta,

con questo cuore tutto pieno della perdita completa?

Con questa strada che passa davanti, e il dubbio

Che tu possadare questo troppo il cui sogno m’arresta?

Non sei tu la nostra geometria,

finestra, semplicissima forma

che senza sforzo circoscrivi

la nostra vita enorme?

Quella che si ama non è mai più bella

che quando la si vede apparire

inquadrata da te; è, o finestra,

che tu la rendi quasi eterna,

Tutti i casi sono aboliti. L’essere

si tiene in mezzo all’amore

con un po’ di spazio intorno

di cui si è maestri.

Finestra, tu, oh misura d’attesa

tante volte riempita,

quando una vita si versa d’impazienza

verso un’altra vita

Tu che separi e attrai

cangiante come il mare, -

specchio, subito, dove la nostra figura si mira

questo che vi vede attraverso;

Esempio di una libertà compromessa dalla sorte;

della presenza della sorte;

presa da ciò che ci fa uguali

al grande troppo dehors.

Come tu aggiungi, finestra,

il senso dei nostri riti:

Qualcuno che si trova davanti a te per caso

nel tuo riquadro attende meditando.

Il tale distratto, il tale pigro,

sei tu che lo metti in pagina.

Si rassomiglia un poco,

diviene la propria immagine.

Perduto in una vaga noia

il bambino s’appoggia e resta;

resta. Non è più lui,

è il tempo che ne logora la veste.

E gli amanti, vedete,

immobili e fragili,

trafitti come le farfalle

per la bellezza delle loro ali.

Dal fondo della camera,

dal letto, non era che pallore che separa,

la finestra stellare arresaa quell’avara

che proclama il giorno.

Ma eccola che accorre, che si affaccia; che resta

dopo l’abbandono della notte, questa nuova giovinezza

celeste consente al suo tempo.

Niente nel cielo mattinale che la teneva amante contempla,

niente che lui stesso, questo cielo, immenso esempio:

profondità e altezza!

Solo i colombi che fanno nell’aria rotondi cerchi

dove il volo in dolce curva porta

un ritorno di dolcezzza

(Finestra matttutina)

Finestra, che si cerca spesso

per aggiungere alla camera usata

i grandi numeri segreti

che la notte moltiplica

Finestra dove un tempo era assisa

quella che, in guisa di tenerezza,

faceva un lento lavoro

che china e immobilizza…

Finestra, da cui un’immagine

nella chiara caraffa sgorga

fermaglio che chiude

la vasta cintura della nostra vita.

Lacrime, lacrime, pure lacrime!

Finestra cui nessuno s’appoggia:

recinto inconsolabile,

colmo della mia pioggia!

E’ il troppo tardi, il troppo presto

che le tue forme decidono:

tu li abbigli, tenda,

abito del vuoto!

È per averti vista

sporta alla finestra ultima

che ho compreso, che ho bevuto

tutto il mio abisso.

Mostrandomi le braccia

tese verso la notte,

tu hai fatto in modo che, da allora,

ciò che in me ti lascia,

mi lascia, mi fugge

Il tuo gesto, fu la prova

di un addio così grande,

che mi cambiò in vento,

che mi versò nel fiume?

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