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Gabriele Amadori Inediti

*

Nell'ombra un sudario pulsa

di rosse corolle.

Rifiorisce il roseto estinto:

ciò che è stato è ancora.

Ma l'attesa si fa domanda

e in breve tutto accade

qui

ora

senza prodigio.

*

Il labirinto di scale e ballatoi

e folate di tamerici a sostenerti

in balìa di notte-vento

Passa qualcuno

l’aria equivoca che trasmette la penombra

e il lupo a guardia davanti la soglia

*

Sparire in un turbine di buio

immemore e repentino

vivendo miraggi

brevi quanto basta

per dissetarsi talvolta

e attendere la nuova sete

*

Il limite delle ginestre

nell’acceso meriggio

accoglie il battito d’ali

degli angeli traghettatori

*

Lega al collo la conchiglia, viandante

dormi sulla nuda pietra

Apollo citaredo offre ancora

tracce di colore negli occhi

e il belar dei capri, le donne in nero

versano latte vendono miele ritrose

*

Fu sera l’intero meriggio

e la sera già notte

e la notte più densa tenebra

ma il mattino la promessa della magnolia

già in boccio

gli amenti schiusi del nocciolo

l’amore nel vento

*

Ti addormenti tra le agavi,

una grotta di cane selvatico,

gialli occhi che temono

il cielo stellato.

Non l’alloro ma il mirto

incorona la tua ombrosa attesa.

Nell’isola di vetro

una scheggia ne resta sul palmo,

invisibile, inestraibile,

o messaggero dal mutevole incanto.

*

Viottole, mulattiere, sentieri erbosi,

sterrate tra i campi, stradini melmosi,

queste le vie che percorro incurante.

Una biforca, muore tra rovi e ginestre

o scende nel fosso tra canne palustri.

Meta non hanno i miei passi,

le tasche piene di aghi e di pioggia.

*

Mantidi fuoriescono pallide

dalla terra, prostrate dalla luce

ripiegano le ali indolenzite

nella stagione che tenere

getta il fico le sue dita

e le apre ai barbagli del sole

e sbiancano i boschi di ciliegi in fiore

e il cuore è sempre in tumulto,

un punto di brace nel buio

*

Tu codirosso spazzacamino

folletto dei cortili più deserti

all’abbandono non cedi

dell’erba sui selciati

del muschio sui tetti.

Furtivamente nidifichi

e sventi così l’insidia del falco.

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