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Gianfranco Isetta ALCUNE RIFLESSIONI SULLA POESIA (E NON SOLO) in margine all'Incontro con gli

Vorrei esporre il mio punto di vista per una poetica che faccia i conti con la nostra contemporaneità,

Penso che oggi la POESIA, come del resto ha quasi sempre fatto nel corso della storia umana, possa e, anzi, abbia il dovere di dirci la sua di fronte alla crisi della tradizione occidentale, che stiamo vivendo, da una fase molto lunga ormai.

Non tanto per darci delle risposte dal momento che piuttosto la poesia interroga se stessa senza attendersi una risposta. E' una domanda sospesa. E aggiungerei ANCHE un messaggio più denso e nascosto che si svela.

A questa parola CRISI, si tende spesso ad associarne altre con affermazioni del tipo: caduta di valori, fine delle ideologie, perdita di senso, crisi politica e economica.

Io penso che occorra andare più in profondità.

E' la nostra tradizione occidentale cristiana, che però a radici più antiche risalenti al mondo greco e forse anche prima al mondo asiatico, ad essere in crisi.

Come sapete i filosofi greci evocavano il pericolo del nulla da cui tutte le cose provengono, irrompendo sull'esistente e quel nulla dove vanno a ritornare,

ecco allora l'angoscia estrema a che quindi richiedeva un estremo rimedio, cioè l'eterno, l'assoluto ( e per loro era Zeus) che comportava anche il concetto di verità assoluta e quello di limite.

La crisi si ha con l'irrompere di alcune affermazioni:

non esiste verità assoluta

non esiste un centro del mondo

non esiste un fondamento

non esiste nulla di immutabile, di eterno

non esiste un sapere necessario, assoluto, definitivo

e tutto ciò riguarda ogni campo: la politica, l'economia, l'arte, la scienza,la letteratura, la filosofia, la stessa poesia.

Oggi è la tecnica, direi la scienza, la forza più potente perché è in grado di oltrepassare ogni limite imposto dalla tradizione.

Condivido pertanto l’idea che questa crisi sia proprio figlia dell'esaurirsi di quel tentativo di risposta alla ANGOSCIA del NULLA,alla paura del dolore e della morte che ci accompagnano dagli albori della nostra civiltà e di cui ci ha parlato anche Leopardi sostenendo

“la nostra esistenza come temporanea fuoriuscita dal nulla e destinata a ritornarvi”

Oggi i tentativi di risposta spingono verso nuovi presunti ASSOLUTI legati per esempio alla riproposizione di un dogmatismo religioso di stampo medioevale in alcune aree del mondo.

Penso al fanatismo islamico nell’inseguimento illusorio di una prospettiva trascendentale che porta appunto ad una visione del passaggio dalla vita alla morte come una liberazione

oppure

in Occidente alla ricerca del tutto e subito nell'illusoria idea del “potere sulle cose” e sugli altri, di cui parlavano già i primi filosofi, e oggi in ogni campo: dall'economia, alla politica, alla cultura, all'informazione e persino nei rapporti interpersonali e familiari.

(penso al fenomeno crescente, anche in ambito familiare, della violenza sulle donne, che sottintende un'idea di rapporti deformati da questo bisogno di possesso sull'altro)

Si tratta di una tendenza grave e preoccupante.

Questa crisi è certamente dovuta, come ho già detto, alle implicazioni, anche filosofiche, conseguenti allo straordinario progresso scientifico, con l'irrompere di scoperte governate da leggi statistico-probabilistiche, cioè leggi che non enunciano verità assolute, quindi assieme al concetto di limite, la stessa idea di VERITA' viene messa in discussione dal CASO che sembra avere il sopravvento in natura.

Nel contempo è quindi in crisi anche un certo esasperato razionalismo e determinismo convinto di avere risposte precise per ogni dilemma, rifiutando l'uso di una risorsa essenziale per procedere alla conoscenza: IL DUBBIO

La nuova fisica invece ci parla di indeterminatezza, di probabilità, di un VUOTO in realtà pieno di vibrazioni energetiche.

C'è poi questo mischiarsi di noi stessi con le cose che incontriamo e che produciamo o usiamo. Ad es. il rapporto con alcuni oggetti di questa modernità (tablet, smarthphone e con essi l’uso dei socialnetwork), che producono i rumori di fondo della nostra esistenza, ci parla di un linguaggio fatto di forme brevi, frasi fatte, di riduzione persino del numero dei vocaboli. Insomma di crescente povertà di linguaggio e con esso di una trasformazione del pensiero di cui esso si nutre e ne viene nutrito. Allora io penso che la POESIA possa, certamente non da sola, aiutarci a comprendere e a rispondere a tutto ciò.

C'è una bella definizione che venne data della poesia:

essa sembra sostanzialmente non servire a nulla, per questo è indispensabile.

Perché non ci parla di apparente utilità, nel senso utilitaristico del termine. Lo si può avvertire leggendo vari commenti anche sui socialnetwork, al netto delle molte scempiaggini che si possono trovare, di lettori alla ricerca di un senso o di risposte a domande o aspirazioni anche attraverso un semplice stimolo che può arrivare da un verso, magari persino al di là della intenzioni di chi scrive. Noto, in generale e per esperienza diretta con le persone con le quali comunico, una diffusa esigenza di serenità, di leggerezza appunto, di rapporti veri e forse anche di silenzi.

Ma la poesia, poiesis cioè creazione, produzione di un oggetto nuovo è linguaggio, al tempo stesso oggetto-soggetto, dove forma e sostanza trovano sintesi, per uscire dal luogo comune, dalla frase fatta appunto, dalle immagini stereotipate, da un pensiero quasi unico e spesso indirizzato,

Quindi la poesia diventa, in questo senso, una vera e propria INVETTIVA, e lo è ancor di più nell’uso dei toni lievi e nel ricorrere al più pieno lirismo nella forma. Ecco, per quanto mi riguarda, è proprio questo il linguaggio che ho scelto, (o che mi ha scelto, non saprei). Certamente per attitudine e affinità con una certa poetica, ma anche come forma di denuncia e di rifiuto della volgarità, della violenza non solo fisica e la rumorosità di questo pseudo-pensiero contemporaneo incapace di fornire risposte per il futuro.

Sempre attorno alla poesia si può aggiungere un'altra riflessione:

noi non possiamo vedere compiutamente la natura fondamentalmente bizzarra della realtà fisica, perché viviamo le nostre esistenze in un piccolo spazio dell'universo, in un mondo protetto in cui le velocità sono piccole, se paragonate a quella della luce, e gli oggetti sono talmente grandi da impedirci di vedere le piccolissime dimensioni.

Ed è questa natura ambigua del nostro rapporto con l'esterno e quindi con la natura, con la materia, la realtà fisica che ci circonda (o quella che percepiamo come tale) che mi interessa indagare anche attraverso l'uso della parola, del linguaggio.

Un ulteriore elemento di ambiguità che complica ancor più le cose e questo mi attrae.

La poesia, come inevitabile costruzione di una nuova realtà, non solo perché essa è un nuovo oggetto che compare davanti a noi, ma anche perché non può essere interessata a cogliere un reale che, nella definizione che noi ne diamo, non può esistere, ma può solo essere immaginato.

La realtà spesso è duale (onde o particelle?) è indeterminata, casuale, troppo grande o troppo piccola per i nostri percettori e i nostri strumenti di elaborazione, perché la natura non si cura del cosiddetto nostro buonsenso che non la sa e non può coglierla.

Ecco la poesia forse, a volte, quando c'è ( e quando è parola, costruzione, creazione fatta di parole, che nasce e diventa nuova cosa)

può aiutarci ad aggirare questi ostacoli proponendoci un altro punto di vista , una diversità del reale, perché, come ci direbbe Bergson,

“la potenza espressiva della poesia è legata all'intuizione dell'essenza delle cose, che solo può portare alla conoscenza assoluta”

Puoi descrivere nel dettaglio ogni oggetto, ogni cosa, ogni essere ma non la sua essenza che richiede qualche cosa di più e di altro, magari affidandoci ad una probabilità anziché a qualche certezza. La poesia, io penso sia l'immane tentativo di esprimere questa essenza con l'uso di questo strumento (la parola) assieme agli spazi vuoti, sapendo dell'ambiguità e dei limiti del linguaggio stesso.

E quando ci si riesce allora si può arrivare anche a trasmettere una EMOZIONE, una VIBRAZIONE !

La poesia fa riferimento ad alcune parole chiave e vitali come la CURIOSITA’ che consente di andare oltre il guardare per consentirci di vedere le cose. La curiosità che è amica della CONOSCENZA e nemica delle paure e quindi delle chiusure in noi stessi, o in gruppi più o meno ampi, uniti da motivazioni varie di tipo sociale, religioso, economico e altro. Quelle paure che stanno declinando sempre più i nostri rapporti individuali e collettivi in tendenze esasperate all’autodifesa fino a sfociare in casi crescenti di xenofobia, razzismo, fanatismo politico o religioso. L’altra parola è la VISIONARIETA’, che sempre ha contribuito a cambiare il mondo (penso a figure come Einstein,che tra l'altro scrisse una prefazione al DE RERUM NATURA di Lucrezio Caro, Steve Jobs o Syd Barrett dei Pink Floyd ad esempio) ed è una delle caratteristiche essenziali della nostra specie: riuscire ad immaginare il futuro per costruirlo. E poi la BELLEZZA, nel senso caravaggesco della ricerca e del mettere in evidenza tutte le cose che la natura, l’universo e noi stessi proponiamo, anche qui, fuori dai canoni consueti, come ci ha insegnato anche lo stesso Lucrezio. La poesia è anche GIOCO, richiamando una tipologia di composizione poetica provenzale, gioco col linguaggio e l'uso delle parole.

Infine il ruolo del RITMO e del SUONO come linguaggio assieme al SILENZIO, le pause, rispetto ai rumori di fondo del nostro esistere, che nel linguaggio poetico è altrettanto decisivo della parola. Io penso che la poesia possa e debba parlare a tutti e quindi anche utilizzando, e sottolineo utilizzando, gli strumenti di comunicazione nuovi di cui disponiamo oltre che ovviamente il LIBRO. Penso debba e possa parlare ai giovani, appunto, anche attraverso la scuola, (ed è la ragione per cui ho accettato molto volentieri di partecipare a questo incontro) per contribuire a costruire una nuova identità che si fondi, mutuandola anche dalla scienza moderna, attraverso una visione del mondo che parta da una esperienza, scientifica e mistica a un tempo, della realtà trovando compimento in una esperienza altrettanto reale e coinvolgente come quella della scrittura. Nella mia poetica si incontrano le letture che mi appartengono sulla letteratura, la filosofia occidentale e la mistica orientale ma anche sulla meccanica quantistica e recentemente sulle neuroscienze perché tutto si tiene insieme, la complessità è la regola del nostro vivere. Ecco, io penso che “nuovi e interessanti sviluppi” del pensiero possano coincidere anche con il raggiungere di una funzione poetica nell'osservare il mondo e in tal senso occorra anche guardare a maestri della poesia e del pensiero come Lucrezio.

Penso che un nuovo pensiero, che si possa esprimere anche in poesia ma ovviamente non solo, si debba fondare più che sulla la ricerca, forse vana, del PERCHE’ delle cose, invece sul COME le cose funzionano e si possono presentare a noi . Imparando ad esercitare l’attitudine umana essenziale che è, lo ripeto, la CURIOSITÀ, condizione essenziale per la nostra LIBERTÀ.

Per questo spesso la poesia fa paura al potere, specie quando è assoluto e quindi nemico di ogni forma di espressione che lo minacci, magari con la levità e la leggerezza.

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